Con le Lettere alla Assente (1904), libro di effervescente colloquialità, Luigi Capuana esibisce una pratica, frammentaria e personalissima teoria dell’arte, gravitante su due elementari presupposti: la sincerità e il ruolo vivificante, nella creazione artistica, della immaginazione. Soltanto attraverso di esse, e al netto di ogni sovrastruttura ideologica, è possibile riconoscere l’arte come cosa viva, espressione stessa della vita; utile, allo scrittore (e non di meno al lettore), a rivelare i problemi dell’animo umano.