Quaranta racconti. Nove meno di Hemingway, ma poco importa perchè tanto con quelli non hanno nulla in comune. Questa volta, una volta tanto, ho provato a parlare di me. E mi accorgo di essere riuscito a parlare principalmente di tutt’altro. Il che è sicuramente meglio. Qui si narra di bambini odiosi, di vecchie streghe, di amici per la pelle, di ristoratori irascibili, di donne delle pulizie malinconiche, di bulli strafottenti, di inventori ungheresi, di amori scomparsi, di menti annebbiate, di disegnatori pazzi, di ospiti imprevisti, di preti ottusi, di sogni irrealizzati, di autisti malati, di fotografie stropicciate, di barboni sistematici, di laghi di montagna e degli Americani sulla luna. E in più di speranze mai assopite, di promesse che in qualche modo resistono al tempo e d’altri vari avvenimenti che sarebbe troppo tedioso elencare. Se sono o erano cose mie non lo so più. Lo devono essere state, almeno quanto sono state cose d’altri, che probabilmente le avevano viste in tutt’altro modo. Ma ora è tutto fisso e non lo cambia più nessuno. Bisognerà che basti. Il resto, tanto vale lasciare che scompaia adagio adagio. Che forse è già scomparso.