Con il suo caratteristico stile scarno ed essenziale e con una concisione degna della descrizione che ne dà il dizionario dei sinonimi del Tommaseo, Salvatore Vullo, con questa sua ultima opera, attraverso la voce dell’io narrante ci fa scoprire e riscoprire, in modo simbolico ed emblematico, un pezzo di storia del nostro recente passato, che si snoda e si intreccia tra il Piemonte e la Sicilia.
Ne viene fuori un volumetto breve ma con parole e pagine forti, ad alto peso specifico. Sullo sfondo della prima parte, la disastrosa alluvione del 1994 in Piemonte e le ombre cupe e grevi di tangentopoli.
La narrazione prosegue con una discesa nella terra natia, per la malattia e la morte del padre, a ripercorrere e ritrovare simbolicamente il passato e il tempo perduto, scoprire alcune radici, rievocando il conflitto tra generazioni e quello tra padri e figli, e le riflessioni, i vagheggiamenti sui grandi temi dell’uomo: i sentimenti, il dolore, la religiosità, la malattia, la morte, che ci riportano al tema sempre drammaticamente attuale della “Ospedalizzazione della vita”.
Infine, altre riflessioni e dialoghi dai quali si intravede il contesto politico e sociale di un Paese sempre alle prese con i sempiterni vizi e mali, che non riesce mai a fare i conti con la storia. Il libro e questa storia nascono per contribuire a dare memoria al futuro, in un’epoca in cui la memoria scarseggia o è assente e la società sembra condannata a un eterno e confuso presente.