La fotografia amatoriale quale memoria dei luoghi, dei costumi, dei pensieri. Una memoria privata, testimone di un vissuto uguale a tanti ma da tutti diverso. Una memoria del quotidiano che sollecita, in chi già c’era, malinconia, nostalgia, gioia e dolore ma essenzialmente condivisione, mentre ai più giovani offre un’onesta descrizione icastica dei luoghi e del tempo, cosa non insignificante in un momento dove l’artefatto, nell’immagine fotografica, è sempre più luogo comune.
Partendo da qui, presentare Giorgio Serazzi fotografo è cosa facile. La prima idea che viene in mente è la Sua frequentazione della città, ma anche del circondario e della montagna; l’idea che la Sua fotografia nasca da un camminare attraverso il luogo, in un percorso che è spazio fisico, tempo storico, ma anche percorso personale, intimo. In questo percorrere il luogo ci si può identificare, riconoscere non solo nel tempo inteso come arco d’anni ma più semplicemente nell’atto di camminare, guardare, cercare, indagare, scoprire.
Poi si resta affascinati dall’equilibrio formale che caratterizza le Sue visioni. L’armonia, l’attimo ove tutto è chiaro, comprensibile. Sovente, senza averne chiara coscienza, presenziamo ad un avvenimento non necessariamente importante ma esteticamente bello e culturalmente valido, difficile per noi riassumerlo in una frase, meno ancora in un’immagine. Non sempre e non tutti siamo così attenti da visualizzare prima che accada l’attimo che renderà poi tutto chiaro e semplice, né di fermarlo in una immagine statica che nel tempo racconterà molto più di tante parole. Cogliere l’attimo, cogliere l’essenza. Insomma, la fotografia di Giorgio Serazzi incarna quello che un po’ tutti i fotoamatori desiderano fare, hanno fatto e fanno: guardarsi attorno nello spazio e nel periodo in cui vivono e lasciarne traccia. I risultati sono diversi, certamente, cambiano da fotoamatore a fotoamatore, ma ciò che è sempre simile è l’atteggiamento. Un atteggiamento che negli anni ha regalato ai cuneesi grandi testimonianze.
Oggi presentare al pubblico le fotografie di Giorgio Serazzi significa proporre delle immagini storiche, proporre una “mappa” del territorio, raccontare un “modo fotografico” privatissimo di vivere il luogo e di essere vissuti dal luogo.
La memoria non è solo geografia, questo si sa, è anche costume, pensiero, ecco perché sono presenti fotografie di posti a noi “lontani”, anche se oggi sembrano a due minuti da casa: la Sardegna, Venezia, Milano e la pianura padana. Un modo di “vedere” il mondo fuori casa, forse un po’ ingenuo, certamente di parte e con tutti i limiti dovuti alla fretta, ma sicuramente non ancora viziato dall’inquinamento visivo impostoci dai media e più ancora dal web che ci obbligano a familiarizzare con il mondo attraverso stereotipi sovente sbagliati, irreali, illogici. Un modo di vedere il “fuori porta” che diventa importante per capire il quotidiano nostrano.
È soprattutto per questo che Cuneofotografia, associazione di fotoamatori, promuove in collaborazione con la Biblioteca Civica, un’istituzione, la mostra retrospettiva di Giorgio Serazzi e la pubblicazione del relativo catalogo; perché, attraverso Giorgio, l’Associazione racconta anche qualcosa di se stessa, qualcosa che accomuna tutti i soci.
È naturale incontrare la Biblioteca Civica come partner in un’avventura come questa. La Biblioteca è luogo di memoria, di raccolta e fruizione della stessa, non solo quella ufficiale fatta da personalità riconosciute che testimoniano il periodo storico nella sua astrazione di pensiero filosofico, bensì, e forse a maggior ragione, è luogo di memoria del quotidiano, di quel quotidiano che non assurgerà mai ai fasti della Storia ma che di essa ne è artefice. Viene da sé che le fotografie di Giorgio Serazzi sono memoria e che la collaborazione tra Cuneo?fotografia e la Biblioteca nasce nell’ottica di preservare e rendere fruibile questa testimonianza evitando che gli anni la cancellino.
Una mostra importante, quindi, e non solo a livello locale. Una mostra atta a rivalutare un modo di visualizzare il mondo che è quello della fotografia amatoriale, sovente bistrattata, che nelle sue massime espressioni rappresenta l’unica fonte utile per una corretta analisi del contemporaneo.