Autostop, obiezione di coscienza, adolescenziali voglia di autonomia e ricerca di sé, università, guerre in apparenza remote, amici ritrovati, sorprese della vita, ma non solo; a questi e altri ingredienti si aggiungono scaramucce, brontolii e reticenze fra un figlio e i genitori in due diversi momenti della vita, a quasi trent’anni di distanza. La storia viaggia tra ’79 e ’81 per le strade d’Europa sullo sfondo di una società appesa a terrorismi, disimpegno e riflusso, ma si apre e si chiude nel 2007 ad Alba, dove il protagonista consegna ai vecchi genitori un suo scritto.
È il 1979 quando Vanni, giovane albese, studente a Torino ed educatore in una comunità alloggio, si dichiara obiettore di coscienza. Egli è compiaciuto dell’emancipazione, illusoria, dai genitori, e fiero di saper scegliere in contrapposizione al padre, agli antipodi in tutto eppure simile a lui. Redatta la domanda, la mostra ai genitori, incrollabili democristiani e conformisti: indipendente, Vanni, ma non tanto da imporre a sé e agli altri scelte avventate e a cose fatte. Ne scaturisce un dialogo teatrale, concitato, conflittuale ma vero, con la madre, appassionata di divise e dell’immutabile ordine delle cose, e col padre conservatore, ex combattente, vecchio dirigente in pensione e a tempo perso pittore: perfetto prologo al surreale sabato di pochi mesi dopo, quando due carabinieri si presentano nel rispettabile appartamento di Alba per esaminare la sua posizione di obiettore. In attesa di notizie dal Ministero, Vanni trascorre un’estate, olimpica e di attentati, tra Bristol e Madrid. Ragazzi iracheni raccontano di dormite sotto le stelle sui tetti della vecchia Babilonia, e cantano Zuruni. Vogliono diventare ingegneri in Inghilterra per progettare ponti, al riparo dai venti di discordia che soffiano persino in quelle aule inglesi, a giudicare dagli sguardi di sbieco tra studenti iraniani e iracheni. Invitato in Spagna da una coppia di madrileni vicini di casa di Dolores Ibàrruri, la Pasionaria, Vanni vive altri giorni fecondi di scoperta, conditi dal sogno di lavorare in un’università inglese.
Al ritorno ad Alba, il telegiornale dà conto dello scoppio della guerra del Golfo. Vanni si domanda che ne sia dei suoi amici. Certo non dormono più sotto le stelle, spente dalle polveri delle macerie. Un’inquadratura gli porge l’immagine tumefatta di Ammar, l’amico di Baghdad che più di altri voleva fare l’ingegnere in Inghilterra.
Ma non è la fine. Il racconto si snoda oltre, attraverso sorprese e incontri, insperati, che spalancano nuovi orizzonti. Perché il vento fa il suo giro, fa ritrovare persone e porta storie.
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Zuruni
Per riaccendere le stelle