Non è stata certo impresa facile tentare di “riscrivere” e di mettere in scena due giganti come Edgar Allan Poe (1809-1849) e Anton Cechov (1860-1904).
Per il primo abbiamo cercato di mettere in evidenza il rapporto “vita-morte-finzione letteraria” prendendo spunto dalla sua più nota poesia Il corvo, da immagini e accenni tratti dalla sua opera narrativa, e dal suo fondamentale saggio La filosofia della composizione. Ne è nato un testo che tenta di restituire una vita propria ai personaggi creati dallo scrittore – da qualsiasi scrittore. E che cerca di alzare il velo su quell’inconoscibile e invisibile confine che separa la realtà dal mondo – o dai mondi – creati dalla letteratura in generale. Quanto a Cechov abbiamo riproposto per il teatro uno dei suoi più bei racconti. Quel Reparto n. 6 – del 1892 – che può essere a ragione considerato il capostipite della letteratura sulle cosiddette “istituzioni totali”, come in questo caso il manicomio. È un dramma sull’indifferenza, sulla mancanza di comunicazione, sul destino dell’uomo più in generale e, soprattutto, sulla sofferenza.